Con dieci sentenze depositate in un unico giorno la Cassazione risolve preesistenti dubbi in tema di risarcimento del danno dovuto a errore medico.
La Corte di Cassazione , lo scorso 11 novembre, ha depositato dieci sentenze in tema di responsabilità sanitaria , che hanno provveduto a chiarire numerose domande controverse. In questo “decalogo”, la Corte ha affrontato i temi della responsabilità civile e del risarcimento del danno da colpa medica .
Nello specifico, per quanto riguarda il danno da violazione del consenso informato , con la sentenza n. 28985 è stato precisato che l’inosservanza dell’obbligo del medico di comunicare al paziente tutto ciò che riguarda il suo stato di salute e le possibili terapie può essere fonte di diverse tipologie di illecito, e in particolare: il danno alla salute e quello all ‘ autodeterminazione .
La prima tipologia di pregiudizio si fonda sulla circostanza per cui si ritiene che il paziente danneggiato dall’intervento medico, se fosse stato correttamente informato, si sarebbe con tutta probabilità contro all’esecuzione dell’intervento.
Il secondo tipo di danno viene invece definito ” danno da lesione al diritto all’autodeterminazione ” poiché il paziente, che non ha subito un danno alla salute in senso stretto, ha tuttavia patito le conseguenze dell’ inadempimento del medico al suo obbligo di informazione. Tale forma di illecito lede la libertà di scegliere autonomamente a quali cure essere sottoposto, e se accettarle o meno.
La Cassazione, con la sentenza 28986, si è poi occupata di fare chiarezza sul cd ” danno da aggravamento “.
Può infatti accadere che l’errore del medico non sia la diretta fonte della malattia , ma che provochi ulteriori conseguenze sulla condizione di salute del paziente, già precedentemente compromessa. È chiaro, affermano i giudici, che in tali casi il medico non deve rispondere dell’intero danno occorso al malato, ma solo del peggioramento della condizione provocato dal suo intervento.
Gli ermellini forniscono inoltre al giudice alcune indicazioni operative ai fini della quantificazione di tale danno chiamato anche ” differenziale “.
Egli deve, innanzitutto, stimare e liquidare attraverso il criterio dei ” punti percentuali ” l’invalidità globale del paziente, costituita dalla somma della malattia preesistente e dall’aggravamento causato dall’errore medico. In secondo luogo, procederà alla stima della sola invalidità probabile preesistente; infine, dovrà sottrarre l’importo derivante dal secondo calcolo dal primo.
Allorquando utilizzato precedentemente il “sistema delle tabelle” utilizzato per la quantificazione del danno patrimoniale risultando manifestamente iniquo, al giudice sarà in ogni caso riservato il potere di ricorrere all’equità correttiva , con la finalità di temperare i risultati prodotti dai calcoli illustrati .
La sentenza n. 28993 ha stabilito poi i confini del risarcimento del noto danno da ” perdita di chance di guarigione “. Quest’ultimo, si legge nella motivazione della sentenza, potrà essere riconosciuto solo allorché sia provato un preciso, e non meramente ipotetico, senza causale tra la condotta del medico e le concrete possibilità per il paziente di guarire.
La norma in oggetto, quindi, potrà essere applicata solo ai fatti accaduti dopo l’ entrata in vigore della legge.