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“E’ routine” Lo resero invalido, Maxi risarcimento a un operaio

A un paziente di Lercara 700 mila euro dal Buccheri La Ferla adesso cammina male e ha perso una serie di funzioni vitali

Un intervento di ernia, un’operazione di routine totalmente sbagliata, rovinò fisicamente un padre di famiglia, manovale unico sostegno per moglie e figlio disoccupato: il risarcimento di 701 mila euro che gli ha assegnato il giudice non colmerà la sofferenza, ma quantomeno lo sosterrà e servirà in attesa che il giovane trovi un lavoro. Un caso gravissimo di Malpractice medica, di malasanità, quello che si è verificato sul finire del 2013 al Buccheri La Ferla.

L’uomo, una persona molto umile e laboriosa, analfabeta, fece causa all’ospedale, amministrato dalla Provincia religiosa di San Pietro dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni Di Dio, e nel giro di tre anni – la causa fu avviata nel luglio del 2015 – dopo vari tentativi di mediazione – ha ottenuto il maxi-risarcimento.

Nella causa il paziente è stato assistito dagli avvocati Giuseppe Varisco, Salvo Cangialosi e Pietro Aloisi: la sentenza è del giudice monocratico della terza sezione civile del tribunale e ricostruisce la situazione del manovale, originario di Lercara Friddi e del non diamo le generalità per motivi di privacy. Un uomo che aveva, a causa del suo faticosissimo lavoro, un persistente dolore alla gamba destra, nella parte lombare ma che stava tutto sommato bene, poteva infatti in una condizione di piena efficienza fisica, afferma il giudice – completamente autosufficiente, poteva svolgere la propria attività e occuparsi normalmente della propria famiglia.

Nel giro di poche settimane, quello che i consulenti tecnici del Tribunale ritengono un gravissimo errore degli ortopedici e dei neurologi, gli cambi la vita, Ascoltando i consulenti, l’uomo con amarezza, quasi con rabbia, ha spiegato che l’intervento chirurgico gli era stato proposto dall’ortopedico come semplice e privo di rischi. Non sapendo leggere si era affidato ai sanitari e non sapeva se c’era da togliere un’ernia nè che sarebbe stata eseguita un’altra tecnica, Sindrome della Cauda, ​​si chiama tecnicamente ciò che è avvenuto a causa di una strategia operatoria errata perchè incompleta .

Il primo intervento eseguito il 21 ottobre 2013, non era infatti riuscito e si doveva ripetere immediatamente: ma il secondo fu fatto dopo 14 giorni. Il primo errore fu commesso dal chirurgo che aveva operato non aportando l’ernia, e lui, hanno sostenuto gli esperti nominati dal giudice, aveva il preciso compito di monitorare il decorso post-operatorio; errore da parte del neurologo, che aveva diagnosticato la sindrome, ma non aveva altro segnalato l’urgenza del caso al chirurgo. E il sapere neurologo non poteva non che dal momento in cui la sindrome della cauda confronta conclamata con tutti i sintomi, i tempi di attesa devono essere ridotti al minimo: poche ore e non diversi giorni. C’è poi un problema di consapevolezza e di consenso informato circa i possibili rischi che avrebbe corso concretamente e che poi arrivaronomente verificati. E’ caso molto importante – commenta l’avvocato Cangialosi – con danni gravissimi e irreversibili. Il risarcimento non restituirà la piena efficienza fisica a una persona che, dall’età di sessant’anni, si ritrova ad affrontare problemi terribili. Perlomeno però la causa si è conclusa in tempi molto rapidi, quasi da record.

 

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