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Responsabilità medica: il confine tra imperizia, negligenza, imprudenza

La causa di non punibilità del medico, dell’infermiere, o, in generale di chi esercita la professione sanitaria, recentemente introdotta con la riforma c.d. ‘Gelli -Bianco’, opera sul presupposto del rispetto delle linee guida o, in mancanza di esse, delle buone pratiche clinico-assistenziali adeguate alla vicenda che si sta affrontando, nel solo caso di imperizia del medico ed a prescindere dal grado della colpa. Si verifica, quindi, una sorta di “abolitio criminis”, una diminuizione dell’ambito delle condotte penalmente sanzionabili al fine di consentire ai medici di operare con una maggiore serenità.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, con la sentenza n. 50078 depositata il 31 ottobre 2017 chiamata a pronunciarsi dopo un caso di lifting mal riuscito. La chirurgia estetica è noto va senza dubbio di gran moda e l’irrefrenabile corsa alla correzione dei difetti fisici o alla cancellazione dei segni del tempo inesorabilmente trascorso sulla nostra pelle, spinge donne e uomini a implorare l’utilizzo del bisturi.

Nel processo concluso con la sentenza suddetta, però, come è avvenuto in altri e ulteriori casi, l’intervento non è andato esattamente come tutti si aspettavano e il medico operante è stato viene condannato in primo e secondo grado per avere sbagliato un’operazione di ‘lifting’ del sopracciglio. Il ricorso per Cassazione, “salva”, però, il medico in quanto, in virtù dell’entrata in vigore della legge Gelli Bianco, la sua condotta non è più punibile in quanto rientra tra i casi di imperizia i quali non connotano la punibilità del soggetto che abbia agito secondo le linee guida e le buone pratiche.

Il ‘cuore’ della riforma appena citata sta tutto nell’aver limitato la non punibilità del medico nella sola ipotesi in cui la sua azione terapeutica sia giudicabile come ‘imperita’.

In realtà, la definizione della condotta imperita non è mai stata di facile deduzione. Infatti, con buona approssimazione possiamo affermare che quest’ultima coincide con il difetto del ‘minimo sindacale’ di abilità che ogni medico deve possedere nel governare mezzi, strumenti e apparecchiature a sua disposizione nel corso di una specifica operazione.

Restano fuori dall’area del non punibile sia la condotta imprudente – cioè avventata – sia quella negligente, cioè sciatta. Nonostante ciò, occorre però considerare che la norma introdotta nel codice penale dalla legge ‘Gelli-Bianco’ (rubricata «responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario») pone, quale condizione per l’operatività della causa di non punibilità, il rispetto da parte del medico delle linee guida ‘come definite e pubblicate ai sensi di legge’, ovvero, se queste nel caso di specie difettano, le c.d. ‘buone pratiche clinico assistenziali’. Sia le prima sia le seconde, inoltre, devono essere adeguate alle peculiarità presentate dal caso concreto. Se queste condizioni sono rispettate, a differenza di quanto accadeva sotto il vigore della ‘Balduzzi’, anche la condotta gravemente colposa può risultare non punibile in ambito penalistico.

Da Piazza Cavour si apre uno spunto interessante: è stata una scelta del legislatore quella di prevedere una sorta di immunità penale per la colpa per imperizia, e di non estenderla anche a quella per negligenza o imprudenza. Tuttavia è lecito nutrire qualche dubbio sul rispetto del principio costituzionale di eguaglianza: l’imperizia grave può essere non punibile, ma la negligenza lieve, invece, sarà sempre sanzionabile. Oltre al fatto che vi è un’ulteriore violazione del principio di tassatività nella misura in cui non si è ancora riuscito a definire con certezza l’imperizia dall’imprudenza con la conseguenza che ampio potere discrezionale verrà dato ai giudici, “nel pieno rispetto della divisione dei poteri” e del  principio di fatto che “i giudici sono bocca della legge…”

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