Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza del 14/09/2017, n. 21302 , dispongono che il lavoratore può chiedere la rendita vitalizia da quando il datore di lavoro non ha versato i contributi previdenziali.
Il termine di prescrizione del diritto dal momento in cui le somme dovevano essere versate all’Inps , indipendentemente dal fatto che il lavoratore sia o meno a conoscenza della omissione contributiva.
La questione viene rimessa alle Sezioni Unite in seguito all’impugnazione della pronuncia della Corte d’Appello di Firenze che stabiliva a favore di una dipendente della Regione Toscana il diritto alla costituzione della rendita vitalizia nei confronti dell’INPS, condannando l’Istituto di previdenza alla determinazione della riserva matematica e la Regione a versare direttamente all’Inps tale riserva.
Per ciò che concerne il diritto alla rendita vitalizia, l’Ente datore di lavoro ritiene errata la pronuncia della Corte d’Appello che non ritiene prescritto il diritto vantato dalla dipendente. In particolare, così come sostenuto nella propria tesi difensiva, da un’interpretazione letterale offerta dalla legge, deriva che il termine per far valere il proprio diritto inizia a decorrere dalla data di prescrizione del credito contributivo dell’Inps, indipendentemente dal fatto che il lavoratore sia o meno a conoscenza della omissione contributiva.
Le Sezioni Unite, chiamate a rispondere anche per ciò che concerne la competenza a trattare la causa, dispongono, innanzitutto che appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la domanda di accertamento del diritto alla costituzione della rendita vitalizia sensi dell’art. 13 l. n. 1338 del 1962 – strumentale alla costituzione della riserva matematica per la regolarizzazione della posizione contributiva – se proposta in relazione ad un rapporto di natura privatistica antecedente a quello di pubblico impiego.
Infatti, nella specie, la richiesta era stata avanzata da una lavoratrice, già dipendente della Regione Toscana, per le prestazioni di dattilografia rese in epoca antecedente alla costituzione del rapporto di pubblico impiego e remunerate con retribuzione oraria.
Sul merito della questione, il Supremo Collegio accoglie il ricorso presentato da Inps e Regione ritenendo che: la lavoratrice avrebbe dovuto esercitare il proprio diritto a vedersi riconosciuta la rendita nel rispetto dell’ordinaria prescrizione decennale. Termine che decorre dalla maturazione di prescrizione sempre decennale del diritto al recupero dei contributi da parte dell’Inps per l’accantonamento necessario alla costituzione della riserva matematica del relativo fondo di destinazione.